Curare tutto l’uomo

Giuseppe Fojeni, Direttore scientifico

Il filosofo tedesco Martin Heidegger riporta nella sua opera “L’Essere e il Tempo” (1976) il mito della Cura raccontato da Gaio Giulio Igino nel 64 a.C.

Mentre attraversava un fiume, la Cura scorse del fango argilloso, lo prese pensosa e cominciò a modellare un uomo.
Mentre considerava tra sé e sé che cosa avesse fatto, sopraggiunse Giove; la Cura lo pregò di infondere lo spirito nell'uomo, cosa che ottenne facilmente da Giove.
Ma siccome la Cura pretendeva di dargli il proprio nome, Giove (glielo) proibì e disse che invece bisognava dargli il suo.
Mentre la Cura e Giove disputavano sul nome, si fece avanti anche la Terra, e sosteneva che bisognava imporgli il suo nome, dal momento che (essa) aveva fornito il proprio corpo (per plasmarlo). (Allora) presero come giudice Saturno; ma Saturno decise diversamente:
"Tu, Giove, poiché infondesti lo spirito, dopo la morte dell'uomo riceverai la (sua) anima; tu, Terra, dato che fornisti la materia, riprenderai il (suo) corpo; la Cura, siccome lo ha modellato per prima, lo possieda per tutta la vita.
Ma, dal momento che c'è disaccordo sul suo nome, sia chiamato uomo, perché fu creato dall'humus".

L’affermazione finale di Saturno “la Cura, siccome lo ha modellato per prima, lo possieda per tutta la vita”, fa dire al filosofo che noi siamo esseri vulnerabili e fragili, bisognosi di cura per tutto il corso della nostra esistenza.
Questo mito sottolinea, inoltre, come l’essere umano è una realtà strutturata di corpo, psiche e spirito in divenire e mai definita.
Un corpo, una psiche e uno spirito inestricabilmente mischiati l’uno con l’altra che, proprio perché “in divenire”, necessita che “la Cura lo possieda per tutta la vita”.
Questo dato di fatto è strutturale per ciascuno di noi: quando nasciamo iniziamo a coesistere, ad entrare in relazione con l’altro: prima di essere accolti in uno spazio e un tempo, veniamo accolti dallo sguardo di chi inizia a prendersi cura della nostra vita.

“Il ciliegio sa come deve fiorire e l’ape come cercare il nettare,noi le mosse dell’esistere dobbiamo inventarle...dipendiamo sempre da altro...per questo vivere è azzardare...per questo la cura è azione ontologica necessaria, perché la vita umana è incerta e incompleta” (Luigina Mortari, Filosofia della cura, Raffaello Cortina)

Prendersi cura della fragilità dell’altro consiste nell’offrirgli quelle esperienze che sollecitano tutto il suo essere fisico,psichico e spirituale a fiorire secondo il progetto che porta in sé come piccolo seme che anela a sbocciare per rendere attuali tutte le sue potenzialità. Come un progetto da realizzare che può divenire consapevole e concreto grazie all’attenzione e alla cura che riceve nella relazione intersoggettiva.
Maestri di vita come Maria Montessori, don Lorenzo Milani e Janusz Korczak, ci hanno insegnato che la “diversità” è una ricchezza e che nel soggetto con disabilità sonnecchiano potenzialità che devono ancora emergere.
Le neuroscienze e la fisica quantistica, attraverso le ultime ricerche, ci dicono che anche quando il corpo e la psiche sono feriti, lo spirito è sempre sano e rigenerante.
Una particolarità della condizione di disabilità è la dipendenza dal contesto sociale e relazionale: per questo è fondamentale mettere la persona disabile al “centro”.
Curare l’altro diventa missione ineludibile per la società civile e per ognuno di noi perché “curare l’altro” significa curare noi stessi. Possiamo allora definire la relazione di Cura come una vera e propria relazione intersoggettiva, cioè una relazione in cui i soggetti della relazione crescono insieme e aiutano il mondo in cui vivono a crescere con loro.

“Prendersi cura dell’altro diventa un atto intenzionale, che precede ogni metodo e teoria.
Si fonda su un sentimento naturale, radicato nel cuore dell’uomo, che spinge ad accogliere l’altro e a donargli qualcosa di sé….nell’incontro con l’altro poi, l’Educatore riconosce e partecipa al nuovo che trasforma e può portare con sé la gioia. Vive la parola fondamentale io-tu e la reciprocità che ogni percorso educativo comporta: dona, ma nello stesso tempo, riceve“. (C. Risè, Curare l’anima, La Scuola )